lunedì 3 febbraio 2014

Siqilliya (Sicilia) di Muhammad Iqbal




Il grande poeta-filosofo pakistano Muhammad Iqbal nacque a Sialkot nel Panjab nel 1877.
Nel 1905 Iqbal si recò in Inghilterra per approfondire gli studi filosofici ed ebbe modo di conoscere  l'Europa ed il pensiero europeo. Egli trascorse tre anni (dal 1905 al 1908) che segnarono la sua istruzione e che furono fondamentali per la formazione del pensiero politico e sociale del poeta.
Studiò a Cambridge, al Trinity College, conseguendo il diploma di M. A. in filosofia; poi si spostò nel 1907 in Germania, a Heidelberg, per un studiare il tedesco, e successivamente a Monaco dove ottenne il dottorato discutendo una tesi sullo sviluppo della metafisica in Persia (The Development of Metaphysics in Persia).
In uno dei suoi scritti ebbe a dire: "La religione non ci insegna a nutrire odio l’un l’altro" frase che personalmente mi suona profetica e che a mio avviso dovrebbe essere meditata e interiorizzata dai sedicenti religiosi (da qualsiasi religione provengano) che si sentono insigniti della verità assoluta e che in nome del loro Dio combattono una battaglia che a mio parere è eticamente e moralmente persa e che così agendo e pensando, riportano l'umanità e di consenguenza la stessa la religione, indietro nel tempo fino alle barbarie dei culti tribali.

La poesia di Iqbal che vi presento fa parte della raccolta di poesia Bang-i DaraIl Richiamo della Carovana, traduzione dall’urdu con introduzione e note a cura di Vito Salierno ed è stata composta dal poeta mentre la nave lo trasportava in Inghilterra dall'India ed in essa è cantata la fine della grandezza dell'Islam con la caduta della Sicilia da parte dei cristiani, momento storico che segna il termine dell'epoca d'oro della cultura e della dominazione musulmana in Europa.

(Anch'io che scrivo questo blog, da buon siciliano che ha lasciato la Sicilia per Roma , rimpiango la mia terra e amo ricordarla negli antichi fasti di un passato ormai lontano, tempo nel quale quest'isola era considerata la culla del pensiero e della cultura europea e mediterranea).

 

“Sicilia” (Siqilliya)

 

Piangi, o cuore, o occhio bagnato di sangue!
Di lontano t’appare la tomba della civiltà araba!
Qui un tempo una folla di abitatori del deserto,
Qui solcavano un tempo le loro imbarcazioni.
Terremoti nei troni di imperatori hanno portato,
Nelle loro spade si nascondevano nidi di lampi.
Messaggio d’un nuovo mondo fu il loro apparire,
I tempi vecchi le loro spade distrussero impazienti.
Al grido “risorgi” di nuovo vivo fu un mondo morto,
Dalle catene della superstizione l’uomo fu liberato.
C’è ancora un orecchio che apprezzi il loro grido?
Tacerà ora per sempre il grido di ”Iddio è grande”?
Ah! O Sicilia! tu che sei l’onore e il vanto del mare,
Come una guida e custode tu rimani nel vasto pelago.
Possa la guancia dell’acqua essere per sempre riparo,
Possa la tua immagine essere di conforto al viandante.
Possa la tua vista rimanere nell’occhio del viaggiatore
E l’onda danzare per sempre sulle rocce delle tue coste.
Tu fosti un tempo la culla della civiltà di quel popolo,
Di spettacolo fu un tempo la tua universale bellezza.
Gemiti versò l’usignuolo di Shiraz su Baghdad che fu,
Quante lacrime di sangue versò Dagh su Jahanabad.
E al tempo in cui il cielo distrusse la potenza di Granada
Il cuore infelice di un Ibn Badrun scoppiò in singhiozzi.
L’addolorato Iqbal porta ora con sé tutto il tuo lutto,
Quel cuore che fu tuo compagno ha scelto il destino.
Nelle tue rovine di chi è rimasta nascosta la storia?
Nel silenzio delle tue coste c’è una storia senza eco.
Dimmi tutto il tuo dolore, io pure sono tutto dolore,
Di quelli cui tu desti asilo io sono polvere d’anima.
Nell’antico quadro nuovo colore, mostrati com’eri.
Di antichi tempi dimmi le storie e fammi tremare.
Come dono le porterò con me verso la terra d’India.
Io qui sono in pianto, ma altri laggiù farò piangere.




2014@jahro'

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